“Computer for masses, not classes”

Thursday, February 23rd, 2017

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La storia di Commodore è legata al nome di Jack Tramiel (1928-2012): polacco emigrato adolescente negli Stati Uniti nel dopoguerra, fondò la Commodore Business Machines International (CBM), azienda che negli Anni 70, seguendo l’esempio di altri costruttori di macchine per ufficio, cominciò a produrre calcolatrici elettroniche.

Con l’espandersi del mercato delle calcolatrici, Tramiel intuì l’importanza strategica della microelettronica e decise di rendere la propria azienda autonoma nella produzione dei semiconduttori. Allo scopo acquistò nel 1976 la MOS Technologies, società produttrice di chip tecnologicamente all’avanguardia.

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Nella MOS Technologies lavorava Charles Peddle, ingegnere americano che creò il famosoprocessore 6502 (utilizzato anche da Woz per l’Apple I e l’Apple II e da Atari per il sua console VCS).

 

 

 
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Chuck Peddle convinse Jack Tramiel che il mercato delle calcolatrici era già al capolinea e che avrebbero dovuto dirottare l’attenzione verso il nascente business degli home computer. Peddle portò l’esperienza pregressa fatta in MOS della scheda KIM-1 e ne derivò un computer basato su singola scheda madre in un monolite metallico, inizialmente con una tastiera derivata da calcolatrice, (solo successivamente con una vera tastiera QWERTY), 4kB di RAM, monitor monocromatico, registratore di cassette per memorizzare dati e interprete BASIC di Microsoft per programmare: nacque il Commodore PET (Personal Electronic Transactor).

Dal debutto del PET datato 1977, Commodore sarebbe stata una azienda di computer.

La linea di computer PET negli anni successivi trovò la sua principale applicazione nelle scuole, dove la solidità del case metallico e la capacità di condividere stampanti e drive erano vantaggi.


Dall’altro lato l’incapacità di gestire grafica e suono non lo rendeva appetibile per un uso diverso; per questo Commodore introdusse il VIC-20 (1981) ad un prezzo molto invitante, attravero catene di vendita capillari e generaliste. Il VIC-20 (nome derivato dal chip grafico, Video Interface Chip, e dal numero di colonne disponibili sullo schermo, 20) offriva dentro la sua scocca minimalista una CPU 6502 a 1 MHz, 5 kilobytes di memoria per l’utente ed una spartana grafica a colori con risoluzione 176×184, interprete BASIC e quel germe di plasmabilità che mancava alle console.

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In Germania fu ri-battezzato VC-20, acronimo per “Volks Computer“, ovvero “computer per il popolo”: alla lotta dei prezzi (volutamente tenuti bassi) di Jack Tramiel dobbiamo infatti l’enorme diffusione degli home computer nella prima metà degli anni Ottanta, secondo il suo mantra “computer for masses, not for classes

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